VITA DOPO LA MORTE – – ANTICO EGITTO

La tua facoltà di movimento (ba) vivrà per sempre,
Come Orione nel ventre della dea Cielo.
Ti manifesterai nell’essere d’oro,
brillerai come l’elettro.
Nel grembo stellare ricoprirai una funzione generale.
Il tuo nome sarà grande nell’Occidente.
(Rituale dell’imbalsamazione)

Mummificazione

Poiché il mondo era stato creato dalla forza vitale dell’universo, lo spirito eterno, doveva tornare, quando il suo percorso terreno giungeva al termine, all’ordine e all’armonia.

Sia il racconto sacro che fa morire e poi rinascere Osiride, sia la quotidiana vicenda del dio-sole che al tramonto viene sopraffatto dalle tenebre ma il giorno dopo risorge trionfante, rappresentavano per gli egizi la garanzia della fede nella sopravvivenza dell’anima dopo la morte.

Per far si che ciò avvenisse, l’anima aveva bisogno che il corpo non si corrompesse o si disperdesse.

Nei tempi più antichi, una vera vita oltre la morte era considerata privilegio del faraone e i sudditi speravano che l’immortalità del sovrano si riflettesse in qualche modo su di loro.

Più tardi, alla fine dell’Antico Regno, la sopravvivenza diventò un diritto di tutti coloro che potevano disporre di una tomba e permettersi i riti funebri.

La prima conservazione di resti umani in Egitto deve essere avvenuta casualmente.

Nei cimiteri dell’epoca predinastica, costituiti da fosse poco profonde dove i defunti venivano deposti in posizione fetale, il clima molto caldo e secco faceva essiccare naturalmente i corpi, ma non si sa se la sopravvivenza nell’aldilà fosse intrinsecamente collegata alla loro conservazione.

Successivamente i corpi cominciarono ad essere deposti in tombe con coperture artificiali.

Inizialmente erano avvolti in bende di lino e ricoperti di gesso compresso e levigato in modo da assumere la forma del corpo. Quando il gesso era asciutto, il guscio esterno veniva dipinto (spesso di verde, colore della rinascita) e al viso erano dati i lineamenti del defunto.

Durante il Medio Regno la tecnica di mummificazione si affinò per raggiungere i suoi risultati migliori e definitivi nel Nuovo Regno.

Ci furono, in epoca tarda, anche inutili tentativi di ridare al corpo le sue naturali caratteristiche con imbottiture di lino e altri materiali, ma la decomposizione di questi supporti provocò proprio quello che gli imbalsamatori cercavano di evitare.

Non esistono illustrazioni o iscrizioni che ci informino sul procedimento di mummificazione.

La descrizione fatta da Erodoto sembra comunque piuttosto attendibile.

Il procedimento

Egli descrive tre diversi tipi di mummificazione che avevano prezzi diversi:
Semplice lavaggio e purificazione, iniezione di liquidi corrosivi.

Gli imbalsamatori riempiono le loro siringhe di olio di cedro e ne ricolmano l’addome del morto, senza praticare alcuna incisione, iniettando semplicemente il liquido attraverso l’ano e assicurandosi che non esca.

In seguito imbalsamano il corpo per il numero di giorni prescritto. L’ultimo giorno, lasciano uscire l’olio che avevano iniettato: questo olio è così forte che porta via con sé tutte le interiora e gli intestini, cosicché alla fine non rimangono che la pelle e le ossa.

Incisione ed estrazione degli organi
Mummificazione
Estrazione degli organi

Prevedeva, attraverso l’incisione addominale, l’estrazione degli intestini, dello stomaco, del fegato e dei polmoni.

Si puliva l’addome sciacquandolo con vino di palma e spezie tostate, quindi lo si riempiva con mirra pura macinata, cassia e altre spezie. Le viscere estratte dal corpo del defunto venivano poi collocate in un cofanetto, diviso internamente in quattro parti con coperchi a forma di teste umane.

In seguito si usarono i vasi canopi che avevano sempre quattro teste.

Nel periodo dei Ramessidi, rappresentavano i quattro figli di Horus:

  • Daumutef, il vaso con la testa di sciacallo, conteneva lo stomaco.
  • Quebehsemuf, il falco, conservava gli intestini.
  • Ismet, il vaso con la testa umana, il fegato.
  • Hapy con la testa di babbuino i polmoni
I canopi erano spesso fatti di calcite e venivano collocati nelle tombe in un cofano apposito.

I reni, spesso considerati come sede delle emozioni, e il cuore, che serviva al defunto per essere giudicato, venivano ricollocati nel corpo svuotato.

Anche il cervello era asportato tramite un’incisione praticata nel cranio o attraverso le narici per mezzo di uncini e veniva sostituito da una calotta di metallo. Le viscere erano imbalsamate come il corpo e avvolte in bende separatamente.

Il corpo veniva poi sistemato sotto mucchi di natron asciutto.

Il natron era un sale naturale che si trovava in abbondanza nel letto di un lago prosciugato nel Delta occidentale (l’odierno Wadi el-Natrun).

E’ composto essenzialmente di cloruro di sodio e contiene un’alta percentuale (17%) di bicarbonato di sodio indispensabile per la riuscita del procedimento. Questo sale assorbiva i liquidi del corpo che, dopo circa 70 giorni, diventava un solido guscio non più soggetto alla decomposizione.

Quando la mummia era pronta veniva purificata e i sacerdoti procedevano alla bendatura
Mummificazione
Bendatura

Si usavano bende di lino, spesso quelle che si aveva a disposizione in casa, mentre per i faraoni, i loro familiari e gli alti dignitari si usavano bende tessute appositamente.

Prima venivano bendati gli arti e le articolazioni e poi tutto il corpo, le braccia erano fasciate intorno al corpo e le gambe unite insieme. Mentre si collocavano i vari strati di lino, si inserivano anche gli amuleti in punti fissi e il sacerdote recitava le formule per assicurare l’efficacia del procedimento.

Spesso, finita la bendatura, si poneva una maschera sul volto del defunto, d’oro e d’argento per i re, di cartapesta dipinta, ossia di papiro e lino mescolati a gesso,per i meno abbienti.

La mummia era quindi deposta in una cassa antropoide dipinta, a volte contenuta all’interno di altre.

Per i ceti sociali più elevati e per i re si usava anche un sarcofago rettangolare di pietra.

Durante la bendatura, la collocazione nella cassa e la sepoltura si versavano grandi quantità di preziosi unguenti e profumi, che formavano poi quella sostanza caratteristica dura e simile alla pece.

La mummia, dentro la cassa e con un baldacchino sovrastante che rappresentava il cielo e le stelle, veniva trasportata con una slitta verso la tomba. La seguiva una processione funebre con cibi e bevande, mobili e oggetti personali per arredare le camere funerarie, mentre le donne emettevano lamenti funebri.

All’entrata della tomba avveniva la cerimonia detta “apertura della bocca”.

La cassa veniva sollevata verticalmente, in modo che un sacerdote potesse toccare , con un’ascia da falegname in miniatura, i punti corrispondenti agli occhi, al naso, alle labbra, alle orecchie, alle mani e ai piedi come per sollevare il legno e permettere ai sensi di funzionare.

La frase rituale era:
“La mia bocca e aperta! La mia bocca è spaccata da Shu (dio dell’aria) con quella lancia di metallo che usava per aprire la bocca degli dei. Io sono il Potente. Siederò accanto a colei che sta nel grande respiro del cielo”
(Libro dei Morti, Formula 23).

La cassa veniva poi calata nella tomba e intorno si collocavano gli oggetti funebri. A questo punto l’entrata veniva sigillata con pietre e fango.

Nelle colline occidentali di Luxor si imprimeva nello stucco un’impronta ovale con Anubi sdraiato su nove prigionieri legati, e spesso si inserivano tra le pietre coni di terracotta con i nomi e i titoli dei defunti.

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