I vestiti di uso quotidiano possono nascondere sostanze tossiche che mettono a rischio la tua salute e quella della tua famiglia. Ecco quali capi evitare per proteggerti davvero
Il lato oscuro del poliestere e dei tessuti sintetici tra microplastiche, additivi chimici e greenwashing, un pericolo che la salute che in molti ignorano.

C’è un pericolo invisibile cucito nelle fibre dei nostri armadi quotidiani. È l’onnipresenza del poliestere, materiale simbolo della moda contemporanea, dal fast fashion alle passerelle di lusso. Una fibra che viene dal petrolio e che, come ricordano gli esperti, equivale a portarsi addosso una porzione dell’industria petrolchimica globale.
La sua diffusione ha cambiato per sempre il modo in cui vestiamo, ma anche il bilancio ambientale e, sempre più spesso si sospetta, quello sanitario.
Sostanze tossiche comuni nei vestiti e i loro effetti sulla salute
Produrre poliestere significa consumare grandi quantità di energia, impiegare derivati fossili e generare emissioni lungo tutta la filiera: dalla sintesi del polimero agli additivi che rendono il tessuto “tecnico”, resistente alle macchie, antimicrobico o “no stiro”.
La retorica del riciclo, spesso evocata dalle aziende per giustificarne l’uso, non basta a compensare l’impatto: il riciclo del poliestere è ancora marginale, spesso downcycling, con perdita di qualità e miscelazioni che ostacolano nuovi recuperi. Intanto la produzione di fibre sintetiche continua a crescere, spinta da prezzi competitivi e da una logistica rapida che non contempla i costi ambientali.
L’emergenza più visibile anzi, microscopica è quella delle microplastiche. Ogni lavaggio di capi in poliestere, acrilico o nylon rilascia milioni di microfibre che sfuggono ai depuratori e finiscono nei fiumi e negli oceani.
Sono state ritrovate ovunque: nel plancton, nei sedimenti, negli organismi marini, nelle acque potabili e perfino nell’aria delle nostre case, dove l’abrasione degli indumenti e l’uso dell’asciugatrice contribuiscono a un’esposizione per inalazione tutt’altro che trascurabile.

La scienza sta studiando implicazioni e vie di esposizione: gran parte delle microfibre vengono espulse dall’organismo, ma alcune possono accumularsi nei tessuti, veicolare additivi chimici e interferire con ecosistemi e catene alimentari.
La questione sanitaria non si ferma alle microplastiche. Molti trattamenti applicati ai tessuti – idrorepellenti, antimacchia, antibatterici, ignifughi – utilizzano o hanno utilizzato famiglie di sostanze controverse, come i composti fluorurati (PFAS), noti per persistenza ambientale e potenziali effetti sulla salute.
Anche alcuni coloranti dispersi e ausiliari di tintura, se non gestiti correttamente, possono lasciare residui sui capi. Le certificazioni indipendenti aiutano a ridurre il rischio, ma la trasparenza resta disomogenea e il consumatore fatica a orientarsi tra claim di sostenibilità spesso generici.
Fai attenzione a questi capi e trattamenti: Pile e fleece in poliestere, Activewear e leggings sintetici, Impermeabili e softshell “idrorepellenti”, Capi “no stiro”, “antimacchia”, “antiodore”, Maglieria in acrilico, Pellicce sintetiche, paillettes e glitter, Capi molto economici con tinte molto intense o nero profondo, Calze e collant in nylon, Biancheria sintetica. Questi elementi sono cruciali da considerare per chi cerca di ridurre l’impatto ambientale e sanitario del proprio guardaroba.
Alternative e scelte consapevoli includono: Preferire fibre naturali di qualità e certificate, Valutare cellulosi rigenerate di nuova generazione, Cercare certificazioni come OEKO-TEX Standard 100, Bluesign o GOTS, Lavare meno e meglio, Installare un filtro per microfibre sulla lavatrice o usare sacchetti cattura-fibre, Comprare meno ma meglio, Prediligere usato e piattaforme di scambio, Diffidare dei claim generici come “in poliestere riciclato”. Queste pratiche aiutano a navigare il complesso panorama della moda sostenibile.
Anche l’industria è chiamata a cambiare rotta: innovazioni come il design per la durabilità, i tessuti antisperdenti, le finiture prive di PFAS, i filati monomateriale e i sistemi di riciclo chimico trasparente possono ridurre l’impatto, ma richiedono investimenti e standard comuni.
Crescono le iniziative legislative, dall’attenzione alle microfibre alla restrizione dei PFAS, fino alla responsabilità estesa del produttore per i rifiuti tessili. In un mercato dove il poliestere è diventato la norma, la vera sfida è spezzare la dipendenza dal petrolio che indossiamo, allineando creatività e business con limiti planetari e diritto alla salute informata dei consumatori.