Scopri il miglior olio per friggere che non è né di semi né di oliva: un alleato super leggero che garantisce zero unto e massima leggerezza. Scopri il suo punto di fumo alto, come utilizzarlo e perché è l’ideale per una frittura croccante.
In cucina, la frittura divide: c’è chi giura sull’extravergine d’oliva e chi si affida al generico “olio di semi“. Eppure, quando l’obiettivo è una panatura asciutta, una crosta croccante e un sapore pulito, un protagonista mette d’accordo chef e nutrizionisti: l’olio di arachidi.

Non è un vezzo modaiolo, ma una scelta tecnica che parte da un dato chiave: il punto di fumo elevato, la soglia oltre la quale l’olio inizia a degradarsi e a sprigionare sostanze sgradevoli, come l’acroleina. Nel caso dell’olio di arachidi, questa soglia è particolarmente alta e si colloca, a seconda del grado di lavorazione, tra circa 180 e 230°C. Tradotto: più margine di sicurezza alle temperature di frittura, meno rischio di fumo e retrogusti, risultati più stabili.
Perché l’Olio di Arachidi “Asciuga” Meglio?
Il segreto è nell’equilibrio tra resistenza al calore e neutralità sensoriale. Un olio che regge bene la temperatura consente di sigillare la superficie degli alimenti in pochi istanti: l’acqua interna vaporizza, spinge verso l’esterno e impedisce all’olio di penetrare in profondità.

Se la temperatura scende sotto soglia, l’olio viene assorbito e l’effetto unto è garantito. Con l’olio di arachidi, mantenere il range ideale (circa 170-180°C per la maggior parte delle fritture) è più semplice: reagisce in modo prevedibile, non scurisce rapidamente e non invade con profumi pesanti. Il risultato è una frittura più leggera, croccante e digeribile, senza quel velo oleoso che “stanca” al palato.
Il profilo è volutamente discreto: non copre il pesce né snatura le verdure, accompagna bene le pastelle leggere e le fritture dolci, dalle chiacchiere ai krapfen. È proprio in queste preparazioni che la differenza si sente: una volta scolato e asciugato, il fritto non lascia dita lucide e nemmeno odori persistenti in cucina. Caratteristica non da poco per chi frigge in casa.
Spesso trascurato quando si parla di fritto. L’olio di arachidi è naturalmente privo di glutine ed è una buona fonte di vitamina E e vitamina K, con proprietà antiossidanti. Inserito in una dieta equilibrata e usato con moderazione, contribuisce a un profilo lipidico più ordinato rispetto a fritture condotte con oli stressati dal calore. La condizione è sempre la stessa: rispettare le temperature e non spingere l’olio oltre il suo punto di fumo, dove si innescano fenomeni di ossidazione e la produzione di composti indesiderati.
Chi è allergico alle arachidi deve prestare particolare attenzione alle etichette. In commercio esistono oli di arachidi con diversi gradi di raffinazione; l’etichetta indica la presenza dell’allergene e fornisce informazioni utili sulla destinazione d’uso. In caso di dubbi, meglio scegliere alternative compatibili con le proprie necessità.
La prima regola è la temperatura: un termometro da cucina è l’alleato più sottovalutato. Tenere l’olio stabile tra 170 e 180°C evita sbalzi che bagnano la panatura di grasso. La seconda è il volume: friggere in abbondante olio più di quanto si pensi perché una massa più grande scende meno di temperatura al contatto con il cibo. La terza è l’ordine: gli ingredienti devono essere ben asciutti e, se infarinati o in pastella, privi di eccessi che si staccano e bruciano.
La quarta è la densità: pochi pezzi alla volta, così l’olio resta vivo e la cottura uniforme. Infine, il riciclo: filtrare l’olio a fine uso elimina residui che accelerano l’ossidazione, ma i riutilizzi vanno comunque limitati; quando l’olio scurisce, emana odore marcato o fa più fumo del solito, è il momento di sostituirlo.
La luce e il calore sono nemici: bottiglia chiusa, vetro scuro, dispensa fresca. Al momento dell’acquisto, valutare etichetta e destinazione d’uso: per la frittura, cercare un olio di arachidi con indicazioni chiare sul punto di fumo e sulle temperature consigliate.