Una sorpresa che cambia le carte in tavola: l’annuncio del ritorno a Sanremo scuote il mondo della musica e accende l’attesa dei fan.
L’eco di Sanremo torna a farsi sentire nella voce calda e inconfondibile di Nicola Di Bari, che a 85 anni appena compiuti sorprende i fan con un annuncio destinato a smuovere nostalgie e aspettative: “Magari un giorno tornerò su quel palco come ospite”.

Un desiderio semplice, pronunciato senza clamori, che però suona come una promessa carica di storia per uno dei protagonisti assoluti della canzone italiana del Novecento.
La vita e la musica di Nicola Di Bari, radici e ricordi: un successo chiamato Sanremo
Il cantautore pugliese, nato Michele Scommegna a Zapponeta (Foggia), ha festeggiato il compleanno il 29 settembre, circondato dall’affetto della moglie Agnese, dei quattro figli e degli altrettanti nipoti. “Mettete una foto in cui sono un po’ bello”, dice sorridendo. Nel suo sguardo c’è la riconoscenza di chi non ha mai dato nulla per scontato e la curiosità intatta di chi continua a scrivere, incidere, progettare: “Sto ancora registrando nuove canzoni, vedremo se diventeranno un disco”, confida.

La traiettoria di Di Bari, che lasciò gli studi classici per inseguire la musica a Milano, continua a intrecciarsi con le sue radici. Racconta di sé con la semplicità dell’uomo di paese: “Mangio frutta, spaghetti al pomodoro e orecchiette con le cime di rapa. E un bicchiere di vino rosso non manca mai”. Dal 1967 vive a San Maurizio al Lambro, alle porte del capoluogo lombardo, dove la storia d’amore con Agnese iniziò in un autobus: “Le cedetti il posto, da lì nacque tutto. Il nostro è un romanzo meraviglioso”.
Tra i ricordi che lo riportano a Sanremo, uno spicca su tutti: La prima cosa bella. Era il 1968 quando la scrisse, ispirato dalla nascita della figlia; nel 1970 la portò al Festival. Quel brano, destinato a diventare un classico, nacque tra lo scetticismo e l’intuizione: “A Mogol non convinceva, fu Lucio Battisti a sostenermi: mi disse che avevo una bella voce e che il brano valeva”. L’intuizione di Battisti fu il prologo a una stagione irripetibile: la popolarità esplose e Di Bari vinse due Festival consecutivi, nel 1971 e 1972, con Il cuore è uno zingaro e I giorni dell’arcobaleno.
Non solo Sanremo. A Canzonissima 1971, quando i pronostici correvano verso Massimo Ranieri, fu proprio Di Bari a spiazzare tutti con Chitarra suona più piano. Il retroscena è rimasto famoso: “Ranieri venne in camerino e mi diede un pizzicotto così forte che mi lasciò un ematoma. Gli risposi: ‘Ma che t’ho chiesto un pezzo di pane?’”. Un aneddoto che restituisce il clima di competizione accesa e bonaria di un’epoca in cui, comunque, il rispetto tra colleghi non veniva meno.
Oggi Di Bari osserva il Festival dalla poltrona di casa, ogni anno, come si guarda una mappa di famiglia. La città dei fiori resta per lui il luogo dell’inizio e della consacrazione: “Sanremo mi ha regalato le ali per volare”. L’idea di rimettere piede su quel palco, anche soltanto come ospite, ha il sapore di un cerchio che si richiude, di una stretta di mano tra passato e presente. Intanto la voce, quella che Battisti aveva riconosciuto come speciale, è ancora lì: calda, narrativa, capace di far tornare “la prima cosa bella” non una volta soltanto, ma ogni volta che una canzone accende la memoria. E se arriverà l’invito, lui lo accoglierà con la naturalezza di sempre, tra un piatto di orecchiette e un bicchiere di rosso, mentre la musica continua a bussare alla sua porta.