Egitto

AUGUSTE MARIETTE E IL SERAPEO

ARCHEOLOGIANTICO EGITTO

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Nel 1850 il Museo del Louvre mandò Auguste Mariette in Egitto con il compito di acquistare dei manoscritti copti.

Non riuscendo però ad ottenere l’autorizzazione per entrare nei conventi dove erano custoditi i papiri, decise di rimanere ugualmente in Egitto, rimanendo affascinato da quel paese, ma allo stesso tempo deluso dai furti compiuti dei secoli precedenti all’interno dei monumenti storici.

Durante un soggiorno a Saqqara, nell’ottobre di quello stesso anno notò ,vicino alla piramide a gradoni, una sfinge che emergeva dalla sabbia e che sembrava essere del tutto uguale ad altre quindici che l’archeologo aveva visto presso un collezionista ad Alessandria ed a Il Cairo.

Per Mariette era tutto chiaro.

Quella sfinge, come pure quelle vista ad Alessandria ed al Cairo, appartenevano alla strada che conduceva al tempio di Serapis, detto Serapeo, descritta da Strabone.
Qui riposavano i tori sacri di Menfi, gli Apis, che furono nel corso dei secoli associati alla divinità greca-egizia Serapide, introdotta da Tolomeo I.

Il primo novembre 1850, Mariette iniziò i lavori di scavo senza alcun incarico nè approvazione ufficiale.

L’impresa si presentava davvero difficile. L’ostacolo più grande era rappresentato dalla sabbia che franava ogni volta che si affondano vanghe e picconi. Tuttavia il lavoro proseguì frenetico e dalla sabbia cominciarono ad emergere le prime sfingi.

Dopo circa un mese ne vennero alla luce cinquanta, ma il loro numero era destinato ad aumentare vertiginosamente fino ad arrivare a disseppellirne centoquarantuno.
Fu anche ritrovata una statua del lirico greco Pindaro, una del dio Bes, due grandi sfingi del faraone Nectanebo II e il tempio fatto costruire dallo stesso re.

L’ingresso al Serapeo apparve difficile da individuare. Mariette decise di abbandonare gli scavi nell’estremità orientale del sito per iniziarli in quella occidentale. Le risorse finanziarie incominciarono a scarseggiare e Mariette fu costretto a comunicare al governo francese la sua importante scoperta archeologica. Riuscirà così ad ottenere 30.000 franchi per ultimare la missione.

A questo punto, però, intervennero le autorità egiziane che sollevarono la questione dell’appartenenza dei reperti ritrovati e Mariette fu obbligato a bloccare gli scavi.

Grazie ad un’intesa raggiunta tra Egitto e Francia l’archeologo riuscì a riprendere il lavoro.
Finalmente, Mariette individuò l’ingresso che conduceva al Serapeo e il dodici novembre 1851 entrò nel cimitero dei tori Apis..

Dopo aver attraversato i vasti corridoi che ospitano le camere sepolcrali, Mariette scorse davanti a sè alti sarcofagi in granito rosso e nero che superavano i tre metri d’altezza.
All’interno di queste grandi tombe si trovavano un tempo i corpi imbalsamati dei sacri tori.
Mariette trovò ventiquattro sarcofagi. Solo due erano intatti mentre tutti gli altri erano stati saccheggiati, non mancano invece le steli presenti a migliaia.

Gli scavi continuarono e il primo febbraio del 1852 l’archeologo trovò un’altra galleria che conduceva ad un secondo cimitero fatto costruire dal sommo sacerdote di Ptah, Khamuas, figlio di Ramses II.

Vi erano ventotto sarcofagi lignei intatti in cui riposavano gli Apis e uno contenente una mummia umana con una maschera d’oro posta sul viso e con indosso numerosi gioielli.

Da alcune iscrizioni Mariette capiì di trovarsi davanti al corpo del figlio di Ramses II.
Al termine dei suoi scavi Mariette chiuse in quarantaquattro casse quasi seimila reperti e li spedì al museo del Louvre.

 

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