TORINO STORIA, CRONACA E TURISMO

Era il dodici gennaio di un gelido inverno, quello del 1902, quando Veronica Zucca scomparve. I genitori erano i titolari del Caffè Savoia, vicino alla piazza omonima verso via della Consolata.

Le bimbe degli infernotti
Palazzo Paesana
Fu subito sospettato un cameriere che aveva lavorato nel bar. Arrestato, mentre era già in corso il linciaggio morale, davanti ad un alibi perfetto fu subito rilasciato.

Passarono i mesi, un giorno fu chiamato a Palazzo Paesana un falegname per fare dei lavori di manutenzione. Scese nel sotterraneo, sollevò il coperchio di un vecchio cassone e fece una macabra scoperta, all’interno vi erano i resti quasi mummificati di Veronica.

Perché Veronica, uccisa con sedici coltellate, finì li sotto?

Un enigma che appassionò popolo e giornalisti. Riprese la caccia al “mostro,” non al colpevole, ma ad un mostro qualsiasi, quasi che la smania di vendetta potesse placare la coscienza collettiva. Fu addirittura arrestato il papà di Veronica e poi rilasciato.
Nessuno riuscì a trovare una spiegazione plausibile al perché Veronica fosse scesa in quegli scantinati, chiamati “infernotti” e presenti in gran numero nei sotterranei di Torino.

Infernotti di Torino
Infernotti di Torino

Giulio, il fratellino di Veronica, con uno strano racconto parve nuovamente accusare l’ex cameriere, ma risultò assai poco convincente. Quindi, a essere accusato, toccò ad un cocchiere che lavorava a Palazzo Paesana, il quale faticò non poco a togliersi di dosso la ragnatela di sospetti e accuse.
Il tempo passava, quasi un anno e mezzo, ed era sempre più complicato riuscire ad identificare l’assassino di Veronica; poi accadde che nel maggio del 1903 scomparve un’altra bimba di cinque anni, Teresina.

Anche lei abitava in via della Consolata. L’incubo era tornato.


Carlo Tosi, il portinaio, pensò di scendere subito negli “infernotti”, ma non riuscì a trovare la piccola. dopo una notte agitata, scese nuovamente in cantina ripercorrendo la stessa strada fatta da Veronica. Teresina era là, nascosta sotto degli stracci ed alcuni vecchi rottami.
Respirava ancora. Era viva!
Riprese così la caccia al mostro.
Il portinaio si ricordò che uno degli addetti alla spazzatura, tempo addietro, gli aveva chiesto le chiavi per scendere in cantina. Stavolta l’assassino non sarebbe sfuggito.
Fu arrestato Giovanni Gioli, molti testimoni lo accusarono di averlo visto aggirarsi presso piazza Savoia tra le bambine, con lo sguardo annebbiato, ma stranamente durante le ricerche di Veronica nessuno aveva pensato a lui.

Nel gennaio del 1904 fu processato. Durante il dibattimento sembrava assente e a volte pareva sul punto di scoppiare a ridere.
Fu condannato a venticinque anni di carcere e a tre di vigilanza speciale. Gioli che, durante tutto il processo sembrava inebetito, sogghignò per essere riuscito a scampare alla pena dell’ergastolo, mentre fuori la folla inferocita reclamava giustizia sommaria

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