Battaglia del Kalka
Subudei

1223 Ucraina meridionale.
Sul fiume Kalka, nei pressi della foce del fiume Dniepr, l’avanguardia mongola di Gengis Khan, al comando del generale Subedei Bahadur, nonostante l’inferiorità numerica, affronta le forze di alcuni principi russi consegnando ai mongoli un’importante vittoria che spianerà la strada per l’invasione dell’Europa.

Nel XIII secolo la Russia è un’alleanza tra principi che riconoscono l’autorità del sovrano di Kiev, visto più come un magistrato supremo, che come un sovrano.

La potenza e i fasti dell’impero zarista devono ancora vedere la luce.

Ad est dei territori russi l’esercito mongolo è in spasmodica attesa.
Prima dispersi in tante tribù nomadi, ora sono più forti che mai, riuniti dall’ ”Altissimo Signore” dei popoli della steppa: Gengis Khan! I domini del Gran Khan si estendono ormai dalla Mongolia alla Cina, alla Persia e sempre più vicino all’Europa slava e Bulgara.

Nel 1221 una parte del suo esercito, comandato da Subedei, dopo aver sconfitto una per una le popolazioni caucasiche, si attesta nei pressi del bacino inferiore del Don.

Kotian, capo dei Turchi comani, corre ai ripari sollecitando la nascita di una coalizione che almeno tenti di respingere l’ondata mongola.

Kotian innanzi tutto si rivolge al principe di Galizia, Mtislav suo consuocero, il quale stringe un’alleanza con i principi di Smolensk, Kiev e Chernigov che nel maggio 1223 si riuniranno nei pressi del corso inferiore del Don.

Uniti formeranno un esercito forte di 80.000 uomini che in un primo momento sembra possa intimorire i 20.000 dell’avanguardia di Subedei.

Incominciano ad indietreggiare e lo faranno per nove giorni consecutivi sino a raggiungere le sponde del fiume Kalka.

All’inseguimento dell’esercito mongolo solo i Galiziani e i Turchi che hanno lasciato nelle retrovie i loro alleati. Ora, però, sono in numero inferiore rispetto ai loro avversari che sono tutti ottimamente equipaggiati e montano forti cavalli.

Solo i più ricchi tra gli uomini di Mtislav, dispongono di cavalcature, elmi, cotte e scudi metallici, la parte restante dell’esercito è composta di fanti leggeri con poca mobilità e scarsamente addestrati nel coordinarsi in manovre diversive.

Sono il bersaglio ideale per i Mongoli che veloci come il vento, caricano, scoccano le loro frecce da distanza di sicurezza e altrettanto velocemente si ritirano per ricompattare i ranghi.

Ora che i nemici non fuggono più, i Galiziani attendono con fermezza la carica dei Mongoli.

Ancor prima che i Russi e i Comani possano incrociare le armi con i Mongoli, i Galiziani sono investiti da un’incessante pioggia di frecce a cui non potranno rispondere in modo adeguato, poiché dispongono di pochissime armi da lancio.

L’attacco improvviso getta i capi nella confusione.

Impotenti non riescono a riorganizzare i soldati assaliti dal panico, mentre nuovamente i Mongoli si ritirano.

Quando udirono nuovamente il potente boato della seconda carica mongola, gli uomini di Mtislav e Kotian, colti dal terrore, subiscono un’ ulteriore attacco.

Dopo l’attacco un corpo a corpo che si frammenta in tanti piccoli duelli, mentre l’accampamento galiziano, posto non molto lontano, viene raggiunto dall’esercito mongolo.

Nell’accampamento fortificato, Mtislav si difende con la forza della disperazione, giungendo persino a far giustiziare i parlamentari mongoli con i quali stava trattando una resa onorevole.

Alcune giornate di marcia dividono gli alleati di Kiev e Chemingov dagli assediati e non servirà nemmeno una strenua resistenza di tre giorni per dare tempo ai rinforzi di portare i soccorsi.

Conquistato l’accampamento Subedei fa uccidere Mtislav facendolo avvolgere in un tappeto e soffocandolo.

Questa era la morte che i Mongoli tributavano ad un nemico rispettato, poiché in questo modo il sangue non sarebbe entrato in contatto con la terra.

La notizia della disfatta fu portata dai pochi scampati al principe di Kiev e ai suoi alleati che nulla poterono fare se non ritirarsi velocemente nei propri stati.

Pago del risultato ottenuto, Subedei non sfruttò la propria vittoria per distruggere i restanti tre eserciti. Dopo una pausa di ristoro proseguì verso Occidente occupando una ricca colonia della Repubblica di Genova, Soldaja, affacciata sul Mar Nero.

Alcuni mesi dopo la battaglia del Kalka, l’esercito mongolo effettuò una campagna di depredazione contro la Bulgaria per poi, finalmente, far ritorno alla corte di Gengis Khan.

Nel 1237, dieci anni dopo la morte di Gengis Khan suo nipote Batu nuovamente invase la Russia che rimarrà possedimento mongolo per circa 250 anni.

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