IL LEONE DEL PANSHIR

AFGHANISTAN

Massoud

“Credo che Massoud appartenesse a quelle specie politica molto rara che viene definita, con termine platonico, dei re dei filosofi, cioè di quei condottieri capaci di assumersi le responsabilità del comando e al tempo stesso di meditarne le finalità, non guidati da ambizione o vanità personale, ma da spirito di sacrificio e compassione.
In breve ciò che i nostri gesuiti anticamente amavano definire, con un paradosso filosofico, la contemplazione attraverso l’azione.”
Michael Barry

Nato nel 1953 nel villaggio di Jangalak, nella regione del Panshir, a Nord di Kabul è di etnia tagika. Di buona famiglia, il padre militava come ufficiale sotto il re Zahir Shah. Per decisione del padre frequenta il Licèe francese di Kabul, la scuola “bene” dell’Afghanistan di allora, e poi il Politecnico. Tra le sue letture Mao e Che Guevara.


Nel 1975 fonda il suo primo gruppo armato e quando nel 1979 l’Unione Sovietica invade l’Afghanistan diventa uno dei leader della resistenza islamica dei mujaheddin.
Massoud

E’ proprio in quegli anni che gli viene attribuito il soprannome di “leone del Panshir”.
Per sette volte i russi tentano di conquistare la regione da lui difesa e per sette volte sono respinti. Massoud combatte per il suo popolo e per la democrazia. Nel 1992 la destituzione del governo filorusso di Najibullah. Massoud consegna il Paese al professore teologo Burhanuddin Rabbani, che guida il partito democratico Jamiat Islammi.
E’ a questo punto che in l’Afghanistan scoppia una guerra senza quartiere tra gli artefici della sconfitta del governo filosovietico.

Massoud, vicepresidente e ministro degli esteri, è bersagliato in prima persona dalla rivalità e dall’odio etnico di Gulbuddin Hekmatyar, capo del partito di opposizione Herzbi Islammi. La lotta spiana la strada ai Talebani che nascono come forza politica e nel 1994 sono già padroni del Paese. Kabul bombardata tutti i giorni da Hakmatyar viene ridotta ad un cumulo di macerie.


Nel 1996 l’ascesa dei Talebani costringe Massoud a ritirarsi nella valle del Panshir. Controlla ancora circa il 10% dell’Afghanistan e ha tra i 15 e i 20 mila combattenti. Stringe alleanza con l’ex nemico Dostum, il generale uzbeko, rientrato in Afghanistan dopo quattro anni di esilio in Turchia.
Nasce così l’Alleanza del Nord.
Nel 1999 Masosud compie un “giro diplomatico” in Europa, cercando di sensibilizzare i Paesi occidentali al dramma afghano, denunciando le connessioni tra Talebani e Osama Bin Laden.

La lotta di Massoud contro i talebani è disperata.

I Talebani si ripromettono di conquistare anche quello spicchio di Afghanistan fuori dal loro controllo. Massoud deve affrontare l’emergenza dei profughi, migliaia di persone stipate in campi fatiscenti, in condizioni sanitarie spaventose. Ma il “Leone” si difende e nelle interviste che rilascia ai pochi giornalisti occidentali che si avventurano nel Panshir si mostra fiero e determinato.

Massoud è ferito il 9 settembre del 2001 in un attentato suicida commesso da due arabi che si fingono giornalisti, in possesso di passaporti belgi contraffatti. I due riescono ad avvicinare Massoud e durante il colloquio fanno esplodere una bomba nascosta in una telecamera. L’attentato sarebbe maturato grazie a una triangolazione tra talebani, servizi segreti pakistani e l’onnipresente Bin Laden.
Qualcuno sospetta che l’omicidio sia un segnale per i kamikaze pronti in Usa.
Per qualche giorno la notizia del ferimento di Massoud è smentita. Poi il 14 l’Alleanza ammette la morte del Leone.

Il 16 settembre 2001 migliaia di persone si radunano a Jangalak per i funerali di Massud.

La trappola a Massoud


Massud venne ucciso nel suo ufficio nel nord dell’Afghanistan. Due uomini di origine araba spacciatisi per giornalisti avevano richiesto un’intervista. Avevano detto di appartenere a “centri islamici in Europa” e che volevano “conoscere i problemi dei musulmani nel mondo”. I due furono perquisiti ma non gli venne trovato addosso nulla. La bomba era forse nascosta nella videocassetta per l’intervista. Secondo Massun Khalili, ambasciatore dell’Alleanza del nord in India – che quel giorno fece da interprete e rimase ferito – Massud era come sempre padrone di se’ e anche molto ospitale.
“Cosa farai di Bin Laden?”
Era circa mezzogiorno quando i ‘giornalisti’ cominciarono con delle domande prima di filmare.
“Quando andrai a Kabul cosa farai a Osama bin Laden?”, chiese a un certo punto uno dei due. Massud aveva fatto appena in tempo a dire una prima parola quando la bomba esplose, facdndo saltare in aria, a quanto sembra, anche il ‘giornalista’. Anche l’altro ‘reporter-kamikaze’ mori’.
Nei giorni seguenti ci fu una lunga altalena di notizie e di smentite sulla sorte del ‘leone del Panjshir’. Il 15 settembre arrivo’ la conferma della sua morte. Trasportato dopo l’attentato in elicottero in un ospedale della provincia di Takhar, era spirato alle 10 di mattina dopo un’agonia durata quasi una settimana.
Il giorno dopo venne sepolto a Jangalak, il suo villaggio natale.

Ahmad Shah Massoud Appello dell’ 8 Ottobre 1998

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