Psyché ranimée par le baiser de l'Amour (H. 1.55 m, L. 1.68 m, P. 1.01 m). Statue en marbre, œuvre vénitienne réalisée entre 1787 et 1793 par Antonio Canova pour le colonel anglais John Campbell, acquise en 1801 par Joachim Murat. Elle est actuellement conservée au Louvre à Paris (réf: MR 1777) et y a été photographiée le 09 décembre 2011.

MITOLOGIA GRECA

Amore e Psiche
Amore e Psiche gruppo scultoreo di Antonio Canova

Il mito di Amore e Psiche ebbe una grande diffusione soprattutto nell’epoca greco-romana. Troviamo la prima testimonianza scritta nelle Metamorfosi di Apuleio.


Psiche è una fanciulla di tale bellezza, che i popoli vicini la venerano offrendole sacrifici e chiamandola Venere (Afrodite). Quest’ultima, gelosa della bellezza di Psiche e adirata per il nome usurpatole, ordina a suo figlio Amore (Cupido, Eros) di far innamorare la ragazza dell’uomo più brutto della terra. Tuttavia il dio, sbagliando la mira, scocca una freccia d’amore che gli colpisce il piede, innamorandosi così di Psiche.

Nel frattempo i genitori di Psiche, preoccupati perché la fanciulla non riusciva a trovare marito, consultano un oracolo.

Amore chiede ad Apollo di far dire dall’oracolo che la ragazza, dopo aver indossato l’abito nuziale, deve essere portata sul picco di una montagna.
Psiche viene così abbandonata sulla cima di una rupe.
Con l’aiuto di Zefiro, Amore la porta nel suo palazzo e le pone una condizione: non dovrà mai tentare di conoscere la sua identità pena l’abbandono.

Ma una notte Psiche, istigata dalle sorelle maligne e invidiose, si avvicina al dio facendo luce con una lampada. Una goccia d’olio colando dalla lanterna cade sulla spalla di Amore, il quale svegliandosi, deluso dalla mancanza di parola di Psiche l ‘abbandona. Le sorelle, venute a conoscenza dell’identità di Amore e sperando che avrebbe sposato una di loro, si recarono sulla cima della montagna. Si lanciarono giù, non trovarono però il gentile Zefiro, ma la morte.

Nel frattempo Psiche, disperata, vaga per diverse città alla ricerca del suo sposo cercando di procurarsi la benevolenza degli dei, dedicando le sue cure a ogni tempio che trovava. Giunta al tempio di Venere si consegnò alla dea nella speranza di placarne l’ira.

Venere la lasciò entrare e dopo averla ridotta in schiavitù le impose di svolgere varie imprese.

Dapprima dovette dividere per specie i semi che riempivano una stanza prima che scendesse la notte. Una colonia di formiche venne ad aiutarla e l’impresa riuscì. Quindi la dea le chiese di portarle una matassa di lana prodotta da una pecora che divorava gli uomini. Un giunco le suggerì di attendere il pomeriggio, quando la pecora si addormentava.

Dovette poi riempire una giara con l’acqua del fiume Stige e questa volta fu un’aquila ad aiutarla. Infine Venere chiese a Psiche di prendere uno scrigno che conteneva la bellezza di Proserpina (Persefone).

Psiche capì che l’unico modo era quello di morire, poiché Proserpina era la regina dell’Oltretomba.

La fanciulla decisi di gettarsi da una torre, che corse in suo aiuto dandole le istruzioni per riuscire a superare la prova. Mentre Psiche era nell’Ade, Amore si recò da Giove, pregandolo di lasciarlo sposare Psiche, sostenendo che la giovane fosse stata punita a sufficienza.
Giove acconsentì, ma Psiche, mentre si avvicinava al passaggio che conduce al mondo superiore, spinta dalla curiosità apri lo scrigno. Cadde subito nel sonno mortale contenuto nello scrigno. Così la trovo Amore che le restituì la vita portandola sull’Olimpo, dove Giove le offrì una coppa di nettare che la rese immortale.

Psiche e Amore ebbero una figlia: Voluttà.