LEGGENDE
Con il corpo di serpente, ali di pipistrello, artigli d’aquila e denti di leone, i draghi, solcavano il cielo di miti e leggende terrorizzando gli abitanti di città e villaggi.
Le origini delle leggende sui draghi si perdono nelle nebbie del passato.
I draghi erano considerati malvagi e distruttivi, con incredibili poteri sovrannaturali. Incarnazione del male, il loro apparire era presagio di sventura, distruzione e morte. Il corpo era coperto di squame protettive, la maggior parte capaci di sputare fuoco e di volteggiare nel cielo grazie alle loro potenti ali.
Si narra che le loro ossa, così come il sangue, avessero proprietà curative. Potevano passare molti secoli, prima che raggiungessero la piena maturità. La leggenda racconta che un uovo di drago impiegasse almeno un secolo prima di schiudersi. Altre centinaia di anni servivano per raggiungere il massimo sviluppo con la crescita sulla testa di lunghe corna.
Grazie alla loro longevità queste creature acquisivano una conoscenza e una saggezza che non aveva eguali, un’intelligenza superiore a quella dell’uomo. I draghi neri erano la reincarnazione del male astuto, serpeggiante, in contrapposizione con i draghi rossi che rappresentavano il male dirompente, la forza.
Come nacque l’idea che i draghi fossero creature distruttive e simbolo del caos?
Le prime leggende mesopotamiche raccontano di grandi mostri alati di color nero o blu profondo, i draghi della notte e degli abissi. Il primo drago nero di cui si ha notizia è Tamiat, un drago babilonese di sesso femminile che secondo la leggenda generò un esercito di suoi simili che popolarono il pianeta.
Una volta cresciuti, in preda alla fame, divorarono tutto quanto trovarono sul loro cammino, sia animali sia esseri umani. Eroi giungevano da molto lontano per liberare le terre da questo flagello, esempio ne è un villaggio a sud dell’attuale Danimarca che fu salvato da un eroe vichingo. L’Europa fu popolata in maggioranza da draghi rossi, e da qui nacquero quasi tutte le leggende degli scontri titanici.
Molte città presero il nome dal drago che le aveva flagellate. La parola worm, verme-serpente, od orme, si trova in Worms Head, Great Ormes Head, Ormesleigh, Ormeskirk, Wormelow, Wormeslea.
I draghi neri non amavano affrontare il nemico in duelli.
Volteggiando sui villaggi scatenavano incendi o carestie. Per questo motivo scomparvero e cessarono di popolare le leggende, se non per il ricordo di grandi massacri, per la malvagità delle stragi e per la loro viltà nel rifuggire ogni scontro diretto. La maggior parte dei riferimenti storici e delle leggende sui draghi in Europa risalgono al periodo medioevale. Simbolo di lotta, violenza e guerra la loro immagine era spesso l’effige che veniva usata come araldo nelle battaglie.
Nel Cristianesimo il drago rappresenta il Diavolo.
Molte le fonti storiche e i manoscritti che testimoniano la presenza de “la bestia per eccellenza”. Ad esempio nei Bestiari, troviamo descrizioni dettagliate sia sull’aspetto sia sulle abitudini dei draghi. Solitamente usavano come tane delle grotte in cima a montagne o in territori difficilmente raggiungibili, da dove uscivano raramente. Bastava un solo ruggito per far sì che tutti gli animali scappassero, nascondendosi nelle loro tante.
L’estinzione dei draghi, secondo la tradizione occidentale risale proprio al Medioevo. Cavalieri erranti, avventurieri in cerca di fama e gloria e cacciatori di draghi dedicavano la propria esistenza alla lotta contro questi animali.
Il drago era il simbolo del male, perciò quale migliore arma contro di loro se non la Santità?
Celebre il racconto di San Giorgio, uccisore di draghi. Di San Marcello vescovo di Parigi o di San Silvestro che libera Roma dal drago dall’alito velenoso o della leggenda di Santa Marta che sconfisse il drago Tarsasca.
Si narra che nei tempi in cui Santa Marta evangelizzava la Provenza, un terribile drago, devastasse le fertili pianure della valle del Rodano, impedendo agli uomini di vivere tranquilli. Venuta a conoscenza del fatto, la Santa inseguì il drago nelle zone più remote dei boschi e lo domò cospargendolo di acqua benedetta segnandolo con il segno della croce. Il drago ormai mansueto lasciò che la sua coda fosse legata alla cintura della donna, che lo portò così nell’odierna città di Tarascona, che prese il nome proprio dal drago. La popolazione si vendicò del drago lapidandolo e da allora ogni anno, il 29 giugno, la Chiesa ricorda Santa Marta, mentre a Tarascona si tiene una solenne processione aperta da un fantoccio con le sembianze di un drago con le fauci spalancate, una ragazza vestita di bianco lo benedice, quindi il drago viene legato e sopraffatto.
Santo protettore dell’Inghilterra, ovviamente il più famoso uccisore di draghi fu San Giorgio.
Intorno al XII secolo, iniziò a circolare la leggenda secondo la quale San Giorgio, a Silene (in Libia), uccise un drago in procinto di divorare una principessa legata ad uno scoglio.
Il “Liber Notitiae Sanctorum Mediolanii” narra di un drago che imperversava da Erba fino in Valassina (Brianza). Divorate tutte le pecore di Crevenna, i paesani iniziarono ad offrirgli come cibo, giovani del villaggio che erano estratti a sorte. Il caso volle che tra queste vittime sacrificali vi fosse anche la principessa Cleolinda di Morchiuso, che fu legata ad una pianta di sambuco come offerta per il Drago. In suo soccorso giunse san Giorgio che per ammansire il drago, gettò tra le sue fauci, alcuni dolci ricoperti con i petali dei fiori del sambuco. Il drago docilmente seguì San Giorgio. Giunti innanzi al castello il Santo lo decapitò con un sol colpo di spada e la testa dell’animale rotolò fino al Lago di Pusaino. Ancora oggi, il 24 aprile, festa di San Giorgio, è usanza preparare i “Pan meitt de San Giorg”, dei dolci con fiori essiccati di sambuco.
Un’altra leggenda importante riguarda i paesi nordici.
Secoli fa, quando le terre del Nord erano dominate dagli eroi, una figura vestita di stracci avanzando lungo una spiaggia rocciosa della Scandinavia. Cercava una via per poter risalire la scogliera sovrastante. Era uno schiavo fuggito dal suo padrone, un signore del regno dei Geat. Barcollando, ormai allo stremo delle forze, s’imbatté in un enorme tumulo di pietre probabilmente l’antica tomba di un re.
Trovata l’entrata, penetrò nella tomba e innanzi ai suoi occhi apparve una camera ricolma d’ori, erano le ricchezze di una tribù del passato. Lo schiavo non credeva ai suoi occhi: braccialetti a forma di serpente, spille in filigrana d’argento, coppe in ceramica di Samo, amuleti del dio Thor, monete d’oro che riempivano l’intera caverna. Lo schiavo si gettò sul tesoro, ma un rumore gli gelò il sangue bloccando ogni suo movimento. Si volse e vide un drago, acquattato sulle zampe dai lunghi artigli, i fianchi poderosi luccicavano, le ali erano ripiegate su se stesse, l’enorme capo riposava sul pavimento della caverna.
Lo schiavo, terrorizzato, prese una coppa d’oro e scappò dal tumulo. Il suo unico pensiero era di tornare dal suo padrone e farsi perdonare. Purtroppo lo schiavo aveva disturbato il sonno del guardiano del tesoro, decretando così la fine del suo popolo. Il drago, che tutto poteva vedere e sapere, al suo risveglio si accorse subito del furto. Lentamente avanzò lungo lo stretto passaggio che conduceva fuori della sua tana, alla fioca luce della sera, osservò l’infinito alla ricerca delle tracce lasciate dall’uomo. Appena lo vide con un grido ed un getto di fuoco, s’innalzò in volo verso il regno dei Geat.
Le sue urla agghiaccianti fecero uscire gli abitanti fuori delle loro case, i volti terrorizzati levati al cielo, mentre il drago iniziava la sua danza di morte. Volteggiando iniziò la sua discesa, sputando lingue di fuoco, incendiò i tetti delle case per poi scomparire. Quella notte, nel regno di Geat, i villaggi bruciarono come pire funerarie.
Beowulf, re di Geat, accompagnato dai suoi uomini migliori, brandì le sue armi e si recò al tumulo, deciso ad affrontare il drago. Soltanto un uomo parteciperà allo scontro, il nobile Wiglaf. Il re e il drago si uccisero a vicenda.
Nella mitologia nordica un’altra caratterista del drago è la sua capacità linguista che gli permette di parlare tutte le lingue. Caratteristica di cui si serve per mentire ed ingannare.
Un’ altra leggenda la troviamo nella saga dei Volsunghi dove Sigfrido uccide il drago Fafnir.
La concezione orientale del drago era molto diversa da quella occidentale. Erano considerate creature pacifiche e amiche dell’uomo. In Cina, il Drago, la Tartaruga, l’Unicorno e la Fenice rappresentavano i quattro spiriti benevoli. Secondo la tradizione cinese, quella dei draghi fu la più grande e gloriosa razza che popolò il mondo per millenni. Diedero origine alla vita e governarono le forze della natura, nell’attesa che l’uomo fosse pronto per questo compito.
I draghi si dividevano in diverse categorie.
I Draghi celesti: erano a guardia del cielo ed erano gli unici ad avere cinque artigli per zampa.
I Draghi spirituali: i più venerati in quanto guardiani del vento, delle nuvole e dell’acqua. Quindi da loro dipendeva il raccolto dei contadini.
I Draghi terrestri: guardiani dei corsi d’acqua, ne regolavano il flusso vivendo nelle profondità dei fiumi.
Draghi sotterranei: custodi di grandi ed immensi tesori e dispensatori di felicità eterna.
Draghi rossi e Draghi neri: creature violente e bellicose, che si scontravano continuamente nell’aria causando con la loro energia violente tempeste.
Questi mostri alati sono esistiti davvero? Come si spiega la loro apparizione in tante leggende di diversi popoli, molto distanti tra loro ? Erano poi così crudeli o c’era un bisogno dell’uomo di credere in eroi buoni che sconfiggevano il male, qualsiasi sembianza potesse prendere? Molte fonte storiche parlano dei draghi, molto di più di altri avvenimenti ormai dati per veri. Che siano antichi animali esistiti per davvero e non solo nella paura umana?
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